Tempo fa all’interno di un vecchio monastero era stata creata una nuova mostra. Non la moglie del mostro, attenzione!, ma una specie di esibizione di oggetti di vario tipo come collane preziose, tesori di pirati o enormi vecchi libri pieni di bellissime figure. Purtroppo, o per fortuna, nel nostro caso erano esposte statue di gesso di ogni tipo. C’erano alcuni animali come topolini o gatti, che per fortuna non si potevano rincorrere (altrimenti avrebbero rotto tutto!) ed erano presenti delle statue di aeroplani, barche, strane figure geometriche, giganti, fantasmi, e tante tante altre. C’erano anche due statue particolari: una di un uomo e una di una donna, il primo dallo sguardo fiero e la seconda dal viso dolce.
Lui si chiamava Juan-Alvarez de la Crugna, un ragazzo di un’epoca antica di chiara origine spagnola. Il suo scultore se lo immaginava alto, dai capelli corvini, con una veste lunga rosso scarlatto. Lei, invece, era Anne ed era di una bellezza disarmante, così bella che lo scultore che l’aveva creata non aveva voluto nessuna donna che non fosse pari al lei. Queste statue furono messe nella stessa stanza, un poco distanti, si guardavano l’un l’altra e in qualche modo riuscivano anche a parlarsi e così si conobbero e si innamorarono.
Come parlano le statue? Beh, nessuno lo sa, altrimenti anch’io ci parlerei molto volentieri. Però vi posso assicurare che nel loro sguardo c’era una complice intesa. A questo punto voi vi chiederete come faccio a sapere tutto questo: io sono il guardiano del monastero e ho imparato a vedere cose che gli altri non vedono.
Con il tempo però divennero tristi per la distanza e ogni giorno lo erano sempre di più. Provai a mettergli nel mezzo dei fiori per rendere il clima meno cupo ma niente. Provai a mettere un pò di musica per cambiare atmosfera ma niente. Insomma, provai proprio di tutto per cercare di renderli felici come prima ma tutto fu vano.
Fino a quando una mattina ci fu un enorme terremoto. Vibrò così tanto la terra che pareva che le statu-gatto riuscissero a rincorrere le statu-topo, che la statu-gigante si fosse alzata ed avesse iniziato a saltare ed a urlare a più non posso, che gli statu-aerei volassero e con il rombo dei loro possenti motori assordassero tutto il monastero. Insomma, sembrava che le statue avessero preso vita. Finito il terremoto feci un giro tra le statue e per fortuna tutte quante erano al loro posto. Tutte tranne due.
Juan e Anne, non so come, erano diventati un’unica statua, abbracciati assieme. Anne portava in mano proprio il mazzo di fiori che qualche giorno prima avevo messo tra loro e finalmente sorrideva. Entrambi adesso erano tornati felici.