Attenzione: questa storia non è adatta ai fantasmi sensibili.
Qualche anno fa, in qualche parte del mondo, era quasi Halloween e un fantasma si stava esercitando per spaventare al meglio gli esseri umani.
Ma come, direte voi. Signori miei, proprio così.
In paese infatti, streghe, orchi, zombie, mummie, ragni e creature disgustose, il 31 di ottobre organizzavano la competizione dell’essere mostruoso più cattivo, e chi vinceva riceveva come premio un sacco di caramelle.
Il nostro fantasma girava così di casa in casa e si divertiva a fare sparire gli oggetti, sbattere le pentole, aprire le porte e fare tutte quel genere di cose che piacciono da impazzire ai fantasmi.
La sera del 30 ottobre entrò in una casa per allenarsi con i suoi scherzi per l’ultima volta prima della gara. Stava già pensando a cosa architettare questa volta: far prendere una scossa? Fare una puzzetta? Rubare la cioccolata? Ma alla fine decise per un grande classico: avrebbe spaventato il povero umano direttamente mentre dormiva e poi se ne sarebbe venuto via presto per avere abbastanza energie per il giorno seguente .
Così volò sulle scale di legno, aprì la porta della camera, iniziò a ululare ma…nel letto non c’era nessuno. Allora tornò al piano terra, entrò in cucina e si sguardò intorno ma… niente. Quindi volò fino al bagno ma nulla nemmeno lì.
Ma com’era possibile che nessuno fosse in casa?
Il fantasma, raccolto il suo tessuto, aveva appena deciso di andarsene quando sentì la porta del salotto aprirsi. Preso dal panico non seppe più cosa fare (di solito era lui che spaventava gli altri!), si guardò intorno, vide il lavandino, il water, poi la cesta dei panni e disperato si infilò dentro di testa.
Ma dei passi in lontananza si stavano avvicinando. Tese l’orecchio per ascoltare, qualche altro passo e poi qualcuno entrò in bagno.
“Roby, per favore, mettilo in lavatrice quel lenzuolo, è bello sporco. E ricordati di usare il detersivo biologico”
Inizialmente il fantasma rimase così mortificato per quell’affermazione che iniziò a guardare un lembo e poi l’altro alla ricerca di qualche macchia; poi si rese conto che stava per finire dritto dritto in lavatrice insieme a calzini e magliette sudate e non sapeva bene cosa fare.
Roby lo afferrò e senza tanti complimenti lo lanciò dentro lo sportello, qualche rumore, un pochino di sapone e poi il tasto dell’avvio.
Al nostro povero fantasma non rimaneva che aspettare e girare girare girare girare girare e girò così tanto che alla fine non sapeva nemmeno più se era a testa in giù o a testa in su, e se quel pezzetto di stoffa che vedeva era suo o di qualche asciugamano.
Due ore dopo, finita quella tortura, Roby entrò e trasferì i panni ora puliti dentro una grossa cesta. Poi urlò “tesooooro, il bucato lo stendo domaniiii” e uscì lasciando il fantasma senza parole e con un grosso mal di testa.
Era quasi l’alba quando il nostro amico con fatica si sollevò, volò piano piano in alto e notò con orrore una grossa macchia rosa, proprio al centro del suo bel tessuto bianco. Cosa fare adesso? Mancavano poche ore alla competizione mostruosa di Halloween e tutti lo avrebbero deriso per il suo look poco professionale. Il fantasma mortificato decise comunque di andare, forse almeno la festa lo avrebbe rallegrato un po’.
Quando arrivò con il suo lenzuolo rosa alla strega cascarono i capelli, l’orco iniziò a urlare terrorizzato, il ragno se la diede a zampe levate, le mummie si coprirono gli occhi con le bende e gli zombie cascarono uno sopra l’altro mentre cercavano di scappare.
Solo i giudici-mostri rimasero impassibili e al termine della serata non ebbero alcun dubbio nel nominare il fantasma vincitore assoluto della 981° competizione dell’essere mostruoso più cattivo, dato che era riuscito a spaventare tutti quanti.
Il fantasma incredulo raccolse le caramelle dentro il suo lenzuolo ormai rosa e andando verso casa ne mangiò un po’, sperando che fossero un ottimo rimedio contro quel forte mal di testa.
Mi chiamo Fabio e sono un padre un po’ attempato, con poca dimestichezza in cose di favole. Da qualche sera, però, la mia bimba Livia, di poco più di tre anni, si siede sulle mia gambe davati al PC e lascia che le legga qualcuna di queste storie. Piccole perle delicate. Mi piace pensare che siano state scritte anche pensando a lei. Grazie e complimenti all’autrice!